Nell’altopiano “Valdisore”, sul Monte San Simeone, a 1215 metri d’altezza, sorge una chiesetta, tra le più alte in quota di tutto il Friuli Venezia Giulia.
Eretta nel 1338, è conosciuta, dagli abitanti dei comuni vicini, per l’usanza di recarvisi almeno una volta nella vita, portando con sé una piccola croce di legno, costruita anche al momento con due semplici ramoscelli intrecciati, da lasciare all’interno chiesa. Questa tradizione, da alcuni ancora seguita, è legata ad un detto che recita: “chi non ci va da vivo, ci va da morto”.
Si racconta, infatti, che nella notte tra il 1° e il 2 novembre (il giorno dei morti), le anime di tutti coloro che in vita non hanno mai visitato la chiesetta, risalgono i sentieri del monte San Simeone per radunarvisi all’interno.
Secondo Sabino Leskovic, studioso del territorio, i paesani di Interneppo avevano un profondo timore di quelle anime e, proprio durante quella notte, lasciavano fuori dalle case un cialdîr (paiolo) riempito d’acqua e un cop (mestolo), per permettere ai pellegrini trapassati di dissetarsi.
Ogni anno, la prima domenica del mese di settembre, si tiene sul Monte San Simeone una festa dedicata al Santo: un’occasione questa per visitare l’altopiano e la chiesetta.
La storia dell’Orcolat
Tanto tempo fa, viveva un essere mitologico: l’Orcolàt. Abitava in una profonda grotta, ai piedi del monte San Simeone: era grande, grosso e peloso; aveva un caratteraccio, dispettoso e a volte crudele.
Un giorno i paesani, furibondi per l’ennesima malefatta dell’Orcolàt, si incontrarono in una taverna per escogitare un piano e liberarsi definitivamente dell’insopportabile vicino. Durante la discussione prese la parola Tite, il baro del paese, e il suo piano convinse tutti!
Tite partì con un carretto carico di botti di buon vino in direzione di Tolmezzo e, passando nei pressi della grotta dell’Orcolàt, fu presto notato dal gigante, che gli si piazzò davanti bloccandogli il passaggio: le botti non sarebbero andate oltre.
Allora Tite propose una sfida: un rai di briscule (una partita a briscola). Se Tite avesse vinto avrebbe potuto proseguire; se invece avesse vinto l’orco, Tite stesso e i compaesani avrebbero portato direttamente nella sua grotta tutte le botti di vino del paese.
L’Orcolàt accettò senza esitazione. I due cominciarono così a giocare e per la prima volta Tite dovette barare per riuscire … a perdere.
Come promesso, Tite tornò con i compaesani per stipare le botti sul fondo della caverna. Quando ebbero concluso, l’Orcolàt scese nella sua grotta e, di fronte a tanta abbondanza, cominciò a bere fino a svenire.
Gli uomini allora, approfittando del momento, estrassero dai loro carri i badili e sigillarono l’ingresso della caverna, intrappolando l’orco all’interno.
Ancora oggi, il gigante si trova laggiù e quando pensa all’inganno di Tite pesta i piedi per la rabbia e batte i pugni sul tavolo. Del suo sfogo, quello che possiamo sentire quassù è un forte boato e la terra che trema.
Questa è la storia dell’Orcolàt, una leggenda friulana nata per raccontare ai più piccoli, in maniera colorita, un evento così dirompente e inaspettato come il terremoto.
… e quindi come ci arrivo?
In auto, seguire le indicazioni per Interneppo, sulla Strada Provinciale 36. Lungo la strada troverete un bivio sulla destra con le indicazioni per il Monte San Simeone e il Monte Festa. Dopo 200m, un nuovo bivio: a destra per il San Simeone, a sinistra per il Festa. La strada fino al pianoro, percorribile in auto ma con attenzione, è di 11km. Dal centro di Bordano un sentiero (carta Tabacco 013 / sentiero CAI 838/838A) porta fino alla cima.